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La “Nuova” Pompei: la città dimenticata che visse tra le rovine per quattro secoli


Quando pensiamo a Pompei, immaginiamo subito la città “congelata” dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., cristallizzata per sempre sotto ceneri e lapilli. Ma la storia è molto più complessa e affascinante: tra quelle stesse macerie, per secoli, ci fu vita.

Chi erano gli abitanti della “seconda” Pompei?

Dopo la catastrofe, alcuni ex residenti tornarono tra le rovine. Forse cercavano di recuperare ciò che restava delle loro case o di coltivare la terra circostante. Altri erano migranti senza radici, attratti dall’opportunità di insediarsi a basso costo in un luogo ormai dimenticato dalle autorità romane.

Non mancavano poi cercatori di tesori: uomini e donne che frugavano sotto strati di cenere alla ricerca di oggetti di valore, un mestiere rischioso ma, per alcuni, l’unico possibile.

Una vita tra macerie e ingegno

La vita quotidiana in questa “Pompei ricostruita alla meno peggio” era dura.

  • Le strade erano ancora piene di detriti.

  • Gli edifici, per metà crollati, venivano riadattati come abitazioni o botteghe.

  • L’acqua pubblica non scorreva più: le fontane erano state sostituite da cisterne improvvisate.

Al posto dei grandi mercati, c’erano piccoli spazi domestici dove si panificava o si macinava il grano. Tra precarietà e resilienza, si sviluppò una comunità con il proprio ritmo, fatta di lavori manuali, rapporti di vicinato e un’economia di sopravvivenza.

Pompei abitata per quattro secoli

Gli studi archeologici confermano che questa rioccupazione non fu temporanea.
Pompei continuò ad essere abitata fino al V secolo d.C., quando una nuova eruzione, quella di Pollena, portò al suo abbandono definitivo.

Questo significa che Pompei non fu soltanto un sito archeologico “fermo” al 79 d.C., ma anche un luogo vissuto, trasformato e adattato da generazioni di uomini e donne dimenticati dalla storia.

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